Calcificazioni al seno
Le calcificazioni al seno sono dei depositi di calcio nella ghiandola mammaria determinate dalle alterazioni del tessuto stesso. L’accumulo di questo minerale risulta ben visibile attraverso la mammografia.
Il tumore alla mammella è la forma di cancro in assoluto più comune nelle donne. Identificarla precocemente diventa quindi un’arma indispensabile al fine di migliorarne la prognosi: fortunatamente, gli screening da una parte e il miglioramento della tecnologia dall’altra, hanno permesso alla medicina di fare grossi passi avanti da questo punto di vista.
Nei seguenti paragrafi si parlerà in modo più approfondito di una modalità di presentazione del tumore nei suoi stadi iniziali – sotto forma cioè di calcificazioni – e di come è possibile diagnosticare le forme maligne così da intervenire fin dall’inizio e nel modo più efficace possibile.
Cosa sono le calcificazioni al seno?
Le calcificazioni al seno sono dei depositi di calcio nella ghiandola mammaria. In pratica, si verificano delle alterazioni del tessuto che determinano un accumulo di questo minerale, il quale in ragione delle sue proprietà risulta ben visualizzabile alle indagini strumentali.
Non tutte le calcificazioni però sono indice di un tumore maligno: esistono infatti delle caratteristiche che consentono al medico di distinguere quelle che possono essere “trascurate” da quelle che invece necessitano di controlli più approfonditi.
Significato patologico delle calcificazioni del seno
Come anticipato, non tutte le calcificazioni hanno un significato patologico: il loro riscontro può avvenire infatti anche in situazioni del tutto innocue da un punto di vista canceroso, come nel caso del normale invecchiamento oppure di alcune forme di infiammazione dei dotti ghiandolari. Tuttavia, ci sono dei parametri a cui il medico deve prestare attenzione perché se presenti possono essere indicativi di un cancro – si stima infatti che fino al 30% dei tumori venga rilevato proprio avendo queste calcificazioni come segni d’allarme iniziali.
Calcificazioni benigne
Per approfondire ulteriormente, calcificazioni del tutto benigne possono essere individuate nel caso di:
- cisti risultanti da traumi, infiammazione o interventi chirurgici al seno;
- invecchiamento;
- deposito di calcio all’interno delle vene o delle arterie mammarie – è un processo normale che avviene in tutto il corpo con l’avanzare dell’età;
- pregressa radioterapia;
- tumori benigni, come i fibroadenomi;
- tatuaggi o cosmetici che generano dei residui visualizzabili agli esami come se fossero delle calcificazioni.
Microcalcificazioni maligne: caratteristiche e diagnosi differenziale
Come anticipato, però, circa il 30% dei tumori alla mammella si presenta inizialmente con delle calcificazioni. Occorre quindi affidarsi ad alcune caratteristiche che consentono di individuare queste forme a significato patologico per poi seguirle più attentamente:
- la forma: più sono irregolari più sono sospette. In questa categoria rientrano quindi quelle calcificazioni molto ramificate oppure granulari, con aspetto simile alla polvere. Hanno invece un significato più benigno le formazioni tondeggianti;
- dimensioni: come sempre esistono le eccezioni, ma in linea di massima si può dire che quelle maligne sono molto più piccole – non a caso infatti vengono anche definite microcalcificazioni;
- distribuzione: mentre quelle benigne tendono a distribuirsi in modo sparso in tutta la ghiandola, quelle maligne hanno la tendenza a raggrupparsi formando dei piccoli ammassamenti;
- numero: le calcificazioni maligne sono in genere molto numerose.
Esami per identificarle
Raramente, cioè solo se sono grandi e superficiali e il medico è sufficientemente esperto, le calcificazioni possono essere rilevate alla palpazione. Più frequentemente, invece, esse vengono identificate durante l’esame di screening per eccellenza che è la mammografia.
Questa indagine consente di individuarle infatti anche se sono profonde e più piccole e permette di analizzare proprio quei parametri di cui si è parlato nel paragrafo precedente per sospettare o meno una patologia maligna.
Inoltre, la mammografia studia la ghiandola in maniera generale, fornendo perciò un quadro più ampio nel quale vengano messe in luce altre alterazioni del tessuto mammario che indirizzino ulteriormente il medico.
Da aggiungere poi che proprio a tale scopo viene spesso associata alla mammografia anche l’ecografia, esame che, pur non essendo adeguato alla caratterizzazione delle calcificazioni, visualizza meglio eventuali noduli – anch’essi possibile spia di un cancro.
Esami di approfondimento per le calcificazioni del seno
Se la lesione è molto probabilmente benigna, la paziente può essere tranquillizzata e invitata a ripresentarsi l’anno successivo per il controllo mammografico.
Se invece le caratteristiche sono tali da orientare la diagnosi più per un tumore maligno, si può approfondire l’indagine con un esame istologico, ovvero si osserva una porzione della lesione calcifica al microscopio per confermare o meno la natura cancerosa.
Per fare questo esame è necessaria una biopsia, ciòè il prelievo di un piccolo pezzo di tessuto: un primo modo è quello chirurgico eseguito dal medico a mano, un altro invece molto più tecnologico ed avanzato è la biopsia stereotassica con Mammotome.
Quest’ultimo è indubbiamente il risultato del progresso in campo medico di cui si parlava all’inizio: in pratica si utilizza un mammografo speciale per localizzare in maniera molto precisa la lesione e successivamente si sfrutta il Mammotome, appunto, per fare delle biopsie. I prelievi – in genere 12 – vengono effettuati dal medico con l’aiuto di questa apparecchiatura che proietta le immagini su uno schermo consentendo al radiologo di introdurre una sonda dotata di ago controllando la procedura attraverso il computer, così da raggiungere in modo estremamente accurato la sede delle lesioni.
Il grosso vantaggio, al di là della precisione, è la mini invasività per la paziente, che con anestesia locale non avvertirà nessun fastidio e che dopo qualche settimana già non vedrà più la cicatrice, essendo l’incisione molto piccola con dimensioni di soli 3 mm circa.
Importanza della diagnosi precoce
Identificare un tumore nelle sue primissime fasi – o addirittura quando le cellule si stanno trasformando ma non sono ancora cancerose in modo definitivo – consente di intervenire togliendo il tessuto malato ed impedendo quindi che questo evolva ulteriormente in un cancro più pericoloso. Inoltre, l’esame istologico eseguito successivamente all’asportazione fornisce preziose informazioni sulla natura del tumore, individuando quindi la migliore alternativa terapeutica da intraprendere.
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Autore: Dr. Marco Cantele
Bibliografia
Ultima modifica 2 Agosto 2023