Chemioterapia per la cura del tumore al seno
Tutti noi conosciamo la chemioterapia come una terapia medica mirata per la cura dei tumori, ma probabilmente non sappiamo come tale termine sia stato introdotto circa due secoli orsono per indicare quelle sostanze (farmaci) utilizzate per curare le malattie infettive. Solo successivamente tale termine è stato utilizzato anche per indicarne l’attuale uso.
Distinguiamo così una chemioterapia antinfettiva ed una chemioterapia antitumorale, accomunate da un unico obiettivo: distruggere tutte quelle cellule estranee in grado di danneggiare la nostra salute.
Cosa è la chemioterapia (CT)
La chemioterapia rappresenta la terapia farmacologica utilizzata per curare i tumori, utilizzando quei farmaci più indicati per ogni singola malattia tra le numerose decine utilizzabili a tale scopo.
La somministrazione può riguardare uno o più farmaci, seguendo specifici protocolli terapeutici (condivisi tra i più importanti centri oncologici internazionali) da individuare sulla base di ogni singolo caso clinico.
I criteri di scelta del tipo di trattamento risultano vari, spaziando dalle caratteristiche del tumore (tipo istologico, molecolare e\o recettoriale, localizzazione, dimensioni, diffusione, eventuali metastasi ecc.) e da quelle della paziente (età, sesso, livello di autonomia, condizioni generali, comorbilità ecc.).
Tale scelta deve avvenire dopo aver adeguatamente informato la persona malata sui possibili benefici, rischi e risultati dei trattamenti chirurgici: regola questa valida anche e soprattutto per una Patologia così delicata come il tumore della mammella.
A cosa serve la chemioterapia
La chemioterapia, come ricordatoci dall’AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) “consiste nella somministrazione di una o più sostanze capaci di aggredire le cellule che si moltiplicano più rapidamente, quindi in particolare quelle cancerose, durante il processo di replicazione”.
Bloccando e distruggendo tali cellule si può ottenere una progressiva riduzione della massa tumorale fino ad una sua possibile eradicazione: guarigione della malattia, riduzione della massa tumorale e delle possibili recidive sono gli scopi principali di questa cura.
Come funziona la chemioterapia per il tumore al seno
Per meglio comprendere il funzionamento della chemioterapia è bene ricordare cosa intendiamo per ciclo cellulare, insieme di eventi che caratterizzano la replicazione cellulare.
Questo incomincia con la Fase G1, durante la quale la cellula svolge la sua attività normale e poche attività correlate alla duplicazione.
Successivamente compare la Fase S (Sintesi) durante la quale avviene la replicazione del materiale genetico (DNA), seguita da una nuova fase intervallo, Fase G2, che precede la Fase M (Mitosi), durante la quale la cellula si suddivide, dando origine a 2 cellule identiche.
La Fase 0 (assenza di attività correlate alla replicazione) è tipica delle cellule che hanno smesso di dividersi, temporaneamente o definitivamente (es: cellule nervose e muscolari).
I Chemioterapici agiscono nei confronti delle cellule, intervenendo direttamente sul materiale genetico (DNA) o su alcuni meccanismi di replicazione. In particolare alcuni farmaci sono fase specifici (agiscono su una sola fase), altri sono ciclo specifici (intervengono su tutte le fasi del ciclo) mentre altri ancora agiscono anche sulla fase quiescente.
Tipi di chemioterapia
A seconda della tempistica di esecuzione della chemioterapia e dei suoi scopi, si identificano due tipologie:
Chemioterapia neoadiuvante: in questo caso la terapia viene somministrata prima dell’intervento chirurgico e di altre terapie mediche, riducendo la massa tumorale e favorendone la sua rimozione, anche nei casi in cui questa non sia facilmente dissociabile dai tessuti circostanti, permettendo, talora, una soluzione chirurgica meno invasiva.
Chemioterapia adiuvante: in questo caso la chemioterapia viene praticata dopo l’intervento chirurgico, con lo scopo di raggiungere le cellule eventualmente non trattate chirurgicamente, prevenire le eventuali recidive locali e la diffusione in altri organi come metastasi.
Si parla invece di chemioterapia palliativa allorquando sono presenti metastasi in atto e la stessa non può avere effetti curativi ma può ridurre i sintomi della malattia e migliorare quantità e qualità di vita.
In quali casi di tumori al seno è indicata la chemioterapia
Contrariamente ad altre neoplasie epiteliali, il carcinoma della mammella risponde a diversi farmaci chemioterapici.
Diverse combinazioni di tali farmaci determinano un certo aumento della risposta. Per cui, per il trattamento dei tumori della mammella sono disponibili molti chemioterapici da somministrare da soli o in combinazione.
I più usati sono le antracicline (es: epirubicina e doxorubicina), i taxani (docetaxel e paclitaxel), i derivati del fluoro (5-fluorouracile e capecitabina), metotrexate, vinorelbina, gemcitabina, derivati del platino (cisplatino e carboplatino).
In caso di insuccesso o problematiche con i chemioterapici più indicati, si può ricorrere ad altri farmaci utilizzabili, definiti di seconda linea.
Secondo le attuali conoscenze le indicazioni al ricorso della chemioterapia vengono meglio definito sulla base dei sotto-tipi tumorali, che si distinguono sulla base delle differenti proprietà in ambito di biologia molecolare e del profilo genetico.
I profili di espressione genica sono definiti sulla base della presenza o meno di differenti recettori, riconducibili a:
- ER+ (recettori degli ormoni estrogeni)
- PR+ (recettori degli ormoni progestinici)
- HER+ (recettore del Fattore di Crescita Epiteliale)
- Ki67+ (recettore della Proteina Ki67, strettamente associata con la proliferazione cellulare)
- CK5/5+ e CK17+ (recettore di sostanze note come citocheratine, strettamente associate con la proliferazione cellulare)
Le varie combinazioni di tali recettori permettono una classificazione molecolare delle neoplasie mammarie, attualmente riconducibile ad almeno 4-5 Sottotipi, ulteriormente differenziabili (Linee Guida Associazione Italiana Oncologia Medica 2021):
- Luminali A: i tumori mammari Luminali A sono rappresentati dai tumori con recettori estrogenici positivi, con recettori progestinici positivi con valore di positività superiore al 20%, con HER2 negativo e basso Ki67 (cut off 20% e non più 14% come riportato nella Consensus 2009).
- Prognosi: carcinomi a prognosi favorevole
- Terapia: ormonoterapia
- Luminali B/HER2 negativi: recettori ormonali positivi, HER2 negativo ed alta attività proliferativa;
- Luminali B/HER2 positivi: recettori ormonali positivi, HER2 sovraespresso (score 3+ delle reazioni di immunoistochimica) o amplificato, qualsiasi valore di attività proliferativa;
- Prognosi: meno favorevole del Luminali
- Terapia: ormonoterapia e\o chemioterapia
- HER2 positivi (non luminali): HER2 sovraespresso ed entrambi i recettori ormonali negativi
- Prognosi: sfavorevole
- Terapia: terapia biologica (trastuzumab) e chemioterapia
- Basal like: neoplasie caratterizzate dall’assenza di espressione dei recettori ormonali e di HER2 e da una aumentata espressione delle citocheratine basali (ad esempio CK5/6 e CK14).
- Prognosi: sfavorevole
- Terapia: chemioterapia
- È noto, inoltre, il sottotipo triplo-negativi: così denominato in quanto risulta privo di recettori cellulari agli ormoni estrogeni e progestinici, oltre che quelli alla proteina HER2, fattore di crescita cellulare.
- Prognosi: Si tratta, per tale motivo, dei tumori dalla più elevata mortalità e difficili da curare.
- Terapia: Tali carenze privano la possibilità terapeutica con terapia anti-ormonale o chemioterapia. Negli ultimi anni è possibile un nuovo approccio terapeutico, riconducibile alla immunoterapia.
All’interno di questi sottotipi esiste un’elevata eterogeneità.
Dove si esegue la chemioterapia
La chemioterapia viene somministrata generalmente in ambito ambulatoriale (day-hospital), ove è possibile beneficiare di tutta l’assistenza medico-infermieristica necessaria.
Al domicilio è possibile assumere la sola chemioterapia costituita da farmaci da assumere per via orale.
Nel caso in cui le condizioni cliniche della Paziente richiedano una maggiore sorveglianza è ipotizzabile una breve degenza ospedaliera.
Pianificazione del trattamento chemioterapico
La definizione e la pianificazione del trattamento chemioterapica si basano sulla valutazione di vari fattori, riconducibili sia alla malattia di base (tipo istologico e molecolare, dimensioni, diffusione ecc.) che alla paziente (età, malattie concomitanti, condizioni generali, eventuali cure già praticate ed eventuali risposte ecc.).
Prima del trattamento debbono essere valutati gli accertamenti clinici relativi al tumore e ad altre condizioni cliniche (elettrocardiogramma – glicemia, enzimi epatici, emocromo, gruppo sanguigno ecc. – radiografie ed altri esami strumentali), oltre che il peso ed altezza per una eventuale definizione dei dosaggi farmacologici.
La chemioterapia viene programmata in cicli, costituiti da una o poche sedute, seguite da un variabile periodo di riposo variabile da pochi giorni a qualche settimana. E’ prevista, sulla base dei risultati, una modifica per programma, sia in termini di sedute che di prodotti utilizzati.
Come si esegue la chemioterapia
Prima dell’inizio della seduta l’oncologo curante dovrà rivalutare gli esami di controllo eseguiti in via precauzionale per poter permettere la terapia stessa, nonché le condizioni cliniche della paziente.
Seguirà poi l’avvio della somministrazione, durante la quale la paziente sarà rivalutata per individuare le condizioni cliniche e l’eventuale comparsa di effetti collaterali (da trattare).
Al termine della terapia la paziente rimarrà ancora in osservazione per un variabile periodo di tempo, per poi discutere condizioni, evoluzione della malattia e delle terapie (future) con il proprio oncologo.
Come vengono somministrati i farmaci per la chemioterapia
La chemioterapia, a seconda del tipo di farmaco utilizzato, viene somministrata in tutte le possibili vie: via endovenosa e tramite fleboclisi, via orale, intramuscolare, sottocutanea, per iniezione con pompa a lento rilascio o, in casi particolari, in cavità predefinite (es: vescica ecc.) o intratecale.
La somministrazione endovenosa può avvenire o tramite una catetere venoso periferico, sondino posizionato nel braccio ed utile per brevi terapie o, meglio, tramite un catetere venoso centrale (di cui sono noti più modelli a differente localizzazione venosa), indicato per terapie protratte e più impegnative.
Nonostante tali attenzioni il rischio di stravaso dei farmaci chemioterapici non è pari a zero, potendo provocare reazioni irritative ed infiammatorie nei tessuti invasi.
Quanto dura la seduta di chemio per via endovenosa?
Ogni seduta di chemioterapia può durare dai 20 minuti ad alcune ore: quelle più utilizzate durano alcune ore.
Tali differenze sono motivate dalla tipologia del farmaco utilizzato (es: velocità di infusione necessaria) nonché dalle condizioni della paziente.
Frequenza delle sedute di chemioterapia
La frequenza dipende dal tipo di farmaci usati, dal loro dosaggio e dall’utilizzo di uno o più farmaci in combinazione.
La loro somministrazione avviene pianificando cicli di trattamento a cadenza variabile (settimanale, bisettimanale ecc.).
Come ci si sente durante la seduta di chemioterapia
Si riconoscono disturbi fisici (riconducibili ad anticipazioni degli noti effetti collaterali, specie astenia, nausea, disturbi intestinali ecc.) e disturbi psichici (ansia, in particolare e transitorio peggioramento della depressione).
Come ci si sente dopo una chemioterapia
Il termine delle sedute di chemioterapia rappresenta il momento maggiormente a rischio per lo sviluppo di effetti collaterali dei farmaci utilizzati: astenia, nausea, bruciori del cavo orale, disturbi intestinali, perdita di capelli e disturbi ansioso-depressivi.
Da qui la necessità di una pausa di riposo e recupero tra le singole sedute.
Effetti collaterali della chemioterapia per il tumore al seno
Come detto i farmaci chemioterapici agiscono distruggendo le cellule che si replicano più frequentemente, potendo così coinvolgere non solo cellule tumorali ma anche quelle cellule sane che presentano una intensa attività mitotica, tipo le cellule del midollo osseo, della cute ed annessi, mucose del cavo orale e dell’intestino.
Tutti gli effetti collaterali risultano, così, spesso prevedibili, potendo risultare transitori e dipendendo da svariati fattori relativi al paziente, al farmaco ed al tumore trattato.
L’astenia o stanchezza rappresenta il principale effetto collaterale, potendo diventare cronica (fatique), tale da ridurre non solo le comuni attività lavorative ma anche quelle domestiche, coinvolgendo anche il riposo notturno.
Generalmente si riduce nel corso del trattamento, risultando spesso associato ad iniziali sintomi depressivi, anoressia e ridotta alimentazione. L’effetto collaterale più evidente (ma variabile nell’entità) è la caduta dei capelli e dei peli, che inizia poco dopo l’avvio del trattamento per poi scomparire una volta terminato lo stesso.
A livello del midollo osseo sono possibili riduzioni di tutte le cellule prodotte da tale organo, talora così importanti da provocare sintomi e necessità di ulteriori trattamenti.
La riduzione dei globuli rossi può provocare una progressiva anemia che da un lato può peggiorare l’astenia e provocare mancanza di fiato, batticuore e pallore cutaneo e dall’altro necessitare anche emotrasfusioni.
La riduzione dei globuli bianchi può favorire le infezioni (pericolose quelle polmonari) necessitando terapia antibiotica ed altri trattamenti.
La carenza di piastrine può favorire sanguinamenti di varie entità, potendo peggiorare ulteriormente l’anemia.
A livello dell’apparato digerente si segnala innanzitutto l’infiammazione delle mucose del cavo orale (mucosite) con dolori ed infiammazione, associati a diminuzione della salivazione e del gusto.
Nausea, vomito, sanguinamenti digestivi, diarrea (o talora stipsi) completano i possibili effetti collaterali a tale apparato.
Contrariamente a quanto succede in altre neoplasie chemio-trattate in cui si manifesta una diminuzione del peso, nel caso di neoplasia mammaria la chemioterapia può provocare un aumento del peso, se non una vera e propria obesità.
Prurito, fissurazione ed ipersensibilità possono comparire a livello cutaneo, mentre fragilità ed altre alterazioni possono comparire a livello delle unghie.
Sono note, inoltre, alterazioni dei nervi periferici, con alterazioni della sensibilità (formicolii, scosse elettriche ecc.) ma più importanti paiono risultare, anche se non molto frequenti, gli effetti collaterali a livello cardiaco, con alterazioni della capacità contrattile e possibili alterazioni del ritmo.
Senza dimenticare come ogni organo possa presentare variabili effetti collaterali, diretti o indiretti, è bene ricordare la possibile evenienza di comparsa di altre neoplasie (specie del sangue), a distanza di anni e le non rare reazioni allergiche.
Quanto tempo ci vuole per riprendersi dalla chemio
Generalmente è sufficiente il periodo di riposo tra una seduta e l’altra, necessario per contenere gli effetti collaterali della chemioterapia, recuperare le forze e l’autonomia funzionale.
La dieta durante la chemioterapia per il tumore al seno
Il giorno prima della chemioterapia è bene ridurre l’apporto calorico e, soprattutto gli zuccheri (vero e proprio carburante per le cellule tumorali), avvicinandosi quasi ad un digiuno terapeutico.
Il giorno del trattamento è consigliabile, invece, una dieta ricca di zuccheri.
Nell’immediato post-trattamento sarà necessario ridurre l’alimentazione, per via degli effetti collaterali della CT (mucosite, alterazioni intestinali ecc.).
Nel periodo tra una chemio e l’altra, invece, sarà necessario ridurre l’apporto di proteine animali e latticini, non esagerare con zuccheri e calorie, ridurre gli alimenti che possano infiammare il cavo orale, aumentare l’apporto di frutta e verdura, evitare il consumo di prodotti raffinati ed industrializzati ecc.
È possibile continuare a lavorare nei periodi di chemioterapia?
Le pazienti che praticano chemioterapia devono, il più possibile, mantenere le relazioni con le altre persone ed i propri interessi.
Non esistono seri motivi per cambiare la propria vita quotidiana o limitare il tempo dedicato alla famiglia, al lavoro od a sè stessi.
Ovviamente nei giorni del ciclo ed in quelli in cui gli effetti collaterali sono più evidenti, è bene non esporsi a stress ed inconvenienti non giustificabili.
In generale, la paziente in trattamento non dovrà esporsi troppo a fatiche ed effetti collaterali, senza però dimenticare come, a volte, l’attività lavorativa (se non pesante fisicamente e\o psichicamente) può anche servire per distogliere attenzione e pensieri dalla malattia in corso.
Aspettative di vita dopo la chemioterapia
Come già segnalato l’aspettativa di vita a 5 anni dalla diagnosi è in costante crescita, avendo raggiunto circa l’87% delle pazienti, molte delle quali sono state trattate anche con la chemioterapia.
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Autore: Dr. Marco Cantele
Bibliografia
Ultima modifica 1 Agosto 2023